[CRA-INITS Research Paper 2002]
Numero | 24 |
Autori (fare click sul nome per profilo) | Elgin K. Eckerth |
Titolo | Il sogno nelle similitudini della Divina Commedia |
ISBN | 978-88-6065-020-8 |
Volume rilegato collezionabile | € 15,00 |
Genere | Saggio critico |
Lingua | Italiano |
N. Pagine | 29 |
N. Illustrazioni | 0 |
Edizione | Settembre 2003 |
La parola “sogno” e il verbo “sognare” sono usate spesso nella Divina Commedia, e con le più diverse connotazioni. A volte, Dante si riferisce al significato comune del termine, cioè ai sogni che si hanno quando si dorme, come i tre sogni che egli stesso ha come pellegrino, durante il suo soggiorno in Purgatorio. La parola appare comunque molto più spesso in un senso metaforico e si presenta come una falsa verità. Ogni volta in cui Dante usa il termine metaforicamente, nella Divina Commedia, esso acquisisce quest’ultima specifica connotazione negativa. Già Platone metteva in guardia contro sogni che portano ad una falsa realtà, perché l’intelletto non è coinvolto nella loro produzione. Per trovare la verità, — quella vera — Dante si ispira all’insegnamento di San Paolo, seguendo il punto di vista platonico, e insegna che bisogna abbandonare i sogni per avvicinarsi alle ultime realtà divine. Egli però, come Dante, va oltre l’approccio meramente intellettualistico e afferma che, per esplorare il vero — veracemente — è necessario slancio, abbandono: lo scarto della Fede diventa dunque, in questo senso, assolutamente imprescindibile.