Vanni Fucci in Dante e il “Miraculum de furibus thesauri Sancti Jacobi”

Numero84
Autori
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Rodolfo Cocchi
TitoloVanni Fucci in Dante e il “Miraculum de furibus thesauri Sancti Jacobi”
ISBN978-88-6065-071-2
Volume rilegato collezionabile
€ 20,00
GenereSaggio critico
LinguaItaliana
N. Pagine27
N. Illustrazioni0
EdizioneDicembre 2015

Vanni Fucci, drammatico ed orgoglioso protagonista del 24° Canto de “L’Inferno”, certamente un soggetto ribaldo, di malavita e incline alla violenza, porta ancora da secoli, specialmente dopo l’acrimoniosa accusa di Dante, il peso della definizione infamante di ladro sacrilego. Circostanze riguardanti ciò che era custodito nella sagrestia della Cappella di San Jacopo, patrono della città, oltre al ricco tesoro di arredi sacri; la presenza di un notaio fra gli accusati del furto; l’appartenenza di Vanni, figlio naturale di Guelfuccio, alla potente famiglia pistoiese dei Lazzari, di parte Nera; e, infine, la situazione politica di Pistoia, divisa fra i Bianchi, che reggevano la città, e l’avversa parte Nera, a cui appartenevano Vanni e la famiglia dei Lazzari, tutte queste circostanze, storicamente provate, hanno indotto l’autore del saggio a tentare di dimostrare l’estraneità, o perlomeno la non certezza della responsabilità del sacrilego crimine attribuito al malfamato ribaldo pistoiese. Il malanimo e l’acredine di Dante nei confronti di Vanni Fucci si accompagnano all’odio verso la città di Pistoia, “sua degna tana”, espresso dall’invettiva nei primi versi del Canto XXV de “L’Inferno”. Il poeta ritiene la città responsabile della nascita delle due fazioni dei Bianchi e dei Neri che aveva contagiato anche Firenze, rinnovando antiche rivalità fra Guelfi e Ghibellini e determinando con la sconfitta dei Guelfi Bianchi, che con i Ghibellini si identificavano, e alla cui fazione Dante apparteneva, la sua cacciata e il doloroso esilio.

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