CRA-INITS NEWS – Mangiare Dio: la cena del conte Ugolino – Università di Foggia – ITALY

Dipartimento di Studi Umanistici. Lettere, Beni Culturali, Scienze della Formazione

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Convegno Internazionale

“RELIGIO – Individualità e Comunità”

Foggia, 17-18 Giugno 2019

Mangiare Dio: la cena del conte Ugolino fra egoismo e carità

nella Divina Commedia

Relazione di

Marino Alberto Balducci

Adjunct Professor of Christian Literature – Faculty of Theology / Department of Italian – University of Stettin – Poland

Director of Carla Rossi Academy International Institute of Italian Studies in Tuscany – Italy

Lunedì 17 Giugno – Ore 11.15

Abstract

Se l’arcivescovo Ruggieri è un vero traditore politico, il suo carnefice, il conte Ugolino, è un personaggio liminare che — spiritualmente parlando — non sembra appartenere all’area dell’Antenora. Ugolino incarna perfettamente l’ideale politico dantesco che mira a generare concordia fra i contendenti di opposte fazioni, in nome del rispetto reciproco e del comune buon senso. È questa l’unione civile, l’Imperium, che è frutto essenziale di caritas e è quello che i facinorosi accecati rifuggono, odiando altri umani. Questa e la ‘Monarchia’ concepita idealmente da Dante. Il conte Ugolino s’incarcera dentro l’inferno perché ha tradito l’offerta d’amore dei suoi commensali, suoi figli e nipoti, chiudendosi nella cupezza più nera che è disperazione egoista. Così, in qualche modo, in senso spirituale, egli appartiene a un’altra zona del lago: quella seguente, la Tolomea (dove si trovano i traditori degli ospiti). Il male, comunque, non può in assoluto porre radici totalizzanti nella coscienza, non può occupare tutta la psiche. Questo è il messaggio che il nostro Poeta qui affida agli ultimi spettri del suo viaggio infernale, al conte Ugolino, ma forse ancora di più a quel grottesco frate Alberigo che è sempre vivente nel mondo, in senso carnale, al tempo della Visione, come del resto succede al suo compagno di pena, il Branca Doria. Il male, come l’inferno e il morire, è percorribile e, al fine, è travalicabile. Certo, il viaggio continua (e il Pellegrino lo mostra: fisicamente, concretamente), continua oltre l’inferno, che non è certo un confine assoluto, ma che è soltanto la colossale menzogna sull’eternità e sulla presunta assolutezza del male, come si vede per simboli nel successivo canto XXXIV. In questo senso il protagonista della Divina Commedia, con la sua storia, è dunque emblema inequivocabile di una siffatta rivelazione intorno alla natura ‘dinamica’ del negativo. Seguendo la linea indicata da San Tommaso nella sua Quaestio disputata del malo, Dante ci mostra pertanto l’infondatezza del male assoluto come un concetto teologico.

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